La relazione terapeutica

Il buon esito di un percorso terapeutico è in buona parte legato alla qualità della relazione che si instaura tra terapeuta e paziente: se il paziente si fida del terapeuta, si sente accolto e percepisce lo spazio fisico ed emotivo della seduta come un contesto sicuro dove poter esprimere anche i contenuti più delicati della propria sofferenza, le possibilità di un esito positivo sono rilevanti.

La fiducia del paziente nei confronti del terapeuta è fondamentale per imprimere una direzione positiva al lavoro che si effettua in seduta: la gestione del malessere psicologico e la sua risoluzione passano attraverso il riconoscimento del valore della terapia, intesa come opportunità di svolgere una riflessione libera su di sé, in vista di una crescita e di un’evoluzione.

La psicoterapia rappresenta un contesto protetto nel quale vengono sospesi i giudizi morali, le considerazioni sul valore personale ed ogni forma di valutazioni su quanto siano o non siano socialmente accettabili i comportamenti messi in atto. La sofferenza del paziente, le sue problematiche ed i suoi progetti di vita sono al centro del lavoro terapeutico. Non deve esserci alcuna censura rispetto agli argomenti che si possono affrontare, né rispetto alle modalità espressive utilizzate per esporli.

Condizioni fondamentali per il successo dellaterapia sono: autenticità, empatia e considerazione positiva incondizionata delpaziente. In questo senso, il terapeuta non deve nascondersi dietro la maschera dell’esperto ma,con atteggiamento esplorativo ed empatico, deve essere in grado di comprendere il paziente, di vedereil mondo dal suo punto di vista e di trasmettergli la sensazione di essere capito; non deve giudicarlo, maessere sempre dalla sua parte e credere nelle sue potenzialità, sostenendolo in ogni situazione con fiducia che ce la possa fare.

Perché una buona relazione terapeutica favorisce un buon esito della terapia?

La letteratura evidenzia che, per la realizzazione di un completo ed adeguato sviluppo, per qualunque essere umano, sin dalle prima infanzia e per tutto il corso della vita, è fondamentale sentire soddisfatti alcuni bisogni di base: l’individuo che si sente accolto ed accettato incondizionatamente, che può esprimere i propri bisogni e le proprie emozioni, ricevendo una risposta empatica/sintonizzata/sufficientemente adeguata alle sue richieste, sarà in grado di sviluppare un sé autentico, la capacità di riflettere sui propri vissuti e di capire le emozioni altrui, di instaurare relazioni sane e basate sulla fiducia.

Le persone che arrivano in terapia manifestando le più svariate problematiche psicologiche, il più delle volte hanno incontrato nella vita qualche carenza nella risposta ai loro bisogni o hanno subito traumi che hanno compromesso le potenzialità sviluppate.

In un percorso terapeutico, il terapeuta, quindi, avrà il compito di costituire una base sicura da cui partire per analizzare le origini dei comportamenti disfunzionali: non è sufficiente ricordare cosa è successo per giungere ad un vero cambiamento, ma è necessario rivivere le esperienze relazionali negative e rientrare in contatto con i sentimenti originari, avendo l’opportunità di esprimerli a qualcuno che accoglierà, ascolterà, capirà, darà una risposta correttiva riparatoria, validando quello che si è provato ed aiutando nella sua elaborazione.

Questo è il compito delicato e imprescindibile del terapeuta, che deve essere in grado di fornire una comprensione empatica profonda, mettendosi in gioco come persona reale e autentica. Questa nuova esperienza permetterà al paziente di ristrutturare gradualmente il sé, di imparare a reagire in maniera diversa alle situazioni, sviluppando fiducia nelle proprie capacità e nel proprio valore come essere umano, nonché la speranza che le altre persone possano capire e fornire cure.

La terapia ha successo quando il terapeuta offre al paziente una relazione diversa da qualsiasi altra possa avere provato prima, consentendogli di sperimentare in terapia una relazione nuova, positiva, che favorisca un reale cambiamento.

Il terapeuta non può essere un amico, un genitore, né un maestro, ma deve porsi come una figura di riferimento che permetta di vivere un’esperienza correttiva e riparatoria dei traumi subiti.

Relazione terapeutica e psicoterapia cognitivo-comportamentale

La psicoterapia cognitivo-comportamentale adotta un approccio collaborativo all’interno della relazione terapeuta-paziente: il soggetto che intraprende una terapia non viene educato o istruito dal terapeuta sulle strategie necessarie a risolvere un problema, non è passivo durante la terapia, non si limita a raccontare gli eventi della propria vita per poi ricevere dal terapeuta un’interpretazione frutto della sua competenza tecnica.

Secondo un’ottica cognitivo-comportamentale, il paziente è il massimo conoscitore della propria esperienza problematica, mentre il terapeuta conosce i meccanismi che provocano quel vissuto e lo mantengono inalterato nel tempo, ma il suo sapere dev’essere posto in relazione con l’esperienza peculiare del singolo paziente e con le modalità con cui essa viene narrata.

La terapia diventa, quindi, un confronto tra la visione di sé e del mondo che il soggetto espone in seduta ed il contributo del terapeuta, il cui lavoro ha l’obiettivo di individuare gli aspetti problematici, per poi discutere con il paziente in vista di possibili soluzioni.

Il terapeuta approfondisce i temi legati alle aree di sofferenza del soggetto e, avvalendosi di una prospettiva non condizionata da componenti emotive disturbanti, lo aiuta a riconoscere il legame tra fattori che in precedenza sembravano indipendenti.

La posizione del terapeuta, in grado di accogliere e condividere le emozioni del paziente senza esserne però travolto o ferito, è l’elemento più protettivo della terapia.

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